Anoressia e gravidanza: la pregoressia

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Aggiornato il: 9 Settembre 2023
Di Dott.ssa Caterina Laria

I mass-media sin dai loro albori amano tenerci aggiornati su tutto ciò che ruota attorno alla vita delle donne (più o meno) famose, gravidanza e parto inclusi. Si parla di cicogne vip e gravidanze social non a caso; un’enfasi particolare è posta sull’aspetto fisico di queste donne: quanti chilogrammi hanno preso, quanti ne hanno persi, quanto tempo ci hanno impiegato, con quali modalità.

Si costruiscono interi reportage su neomamme uscite dalla clinica dove hanno dato alla luce il proprio pargolo come se fossero state una settimana in una beauty farm. Vengono reclamizzate diete con il nome della famosa di turno, da abbinarsi possibilmente a un piano di allenamento degno di un centro di addestramento reclute.

Da questo bombardamento mediatico sembrano derivare almeno tre conclusioni:

  1. La donna, in quanto tale, deve sempre essere perfetta.
  2. Il corpo di una donna incinta è brutto, a meno che non sia magro e tonico.
  3. La cosa più importante dopo il parto è dimagrire rapidamente.

A tutto ciò aggiungiamo i vecchi e spesso ambivalenti retaggi culturali. Le donne incinte si sentono dire tutto e l’opposto di tutto: “ora devi mangiare per due“, “i chili persi in gravidanza non si perdono più “,  “non mangi abbastanza sano“, “sei troppo magra“, “sei troppo grassa“. Tutti sembrano sapere la cosa giusta da fare.

La pregoressia: un disturbo non (ancora?) specificato

La parola pregoressia è la fusione della parole inglesi pregnancy (gravidanza) e anorexia (anoressia). Può essere definita una sorta di “anoressia della gravidanza” , tenendo però presente che possono esserci sintomi più vicini ad altri disturbi del comportamento alimentare (DCA) come bulimia o disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder). Si tratta di una condizione che non trova attualmente una sua collocazione precisa all’interno del DSM-5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. La sua osservazione a livello clinico è relativamente recente pertanto rientra nei cosiddetti “disturbi non altrimenti specificati”.

Una donna che soffre di pregoressia cerca di controllare in maniera ferrea il suo peso, in gravidanza e dopo. Alcuni segnali di allarme possono essere:

  • parlare della gravidanza come se non fosse un fatto reale;
  • focalizzarsi pesantemente sul conteggio delle calorie assunte e sulla loro limitazione;
  • saltare i pasti o consumarli da sole;
  • praticare esercizio fisico intensivo.

ll rischio di soffrire di pregoressia è più alto per coloro che hanno già avuto un disturbo del comportamento alimentare: per alcune donne la gravidanza più far riemergere gli antichi fattori scatenanti o proporne di nuovi. Un ulteriore fattore di rischio è rappresentato da un contesto svantaggioso e con scarso supporto sociale.

Anche se la donna razionalmente sa che il peso che sta mettendo su ha motivazioni fisiologiche, si può innescare lo stesso un meccanismo fatto di sensi di colpa, vergogna e paura per la propria immagine. Coglie negli sguardi dei propri cari e dei passanti segnali di disapprovazione e disgusto, teme di non essere più attraente agli occhi del partner. Ha paura di essere vista come un mero strumento riproduttivo, un incubatore di una vita in costruzione. Soprattutto, è spaventata dall’idea di non dimagrire mai più.

anoressia e gravidanza

Anoressia e gravidanza: alcuni dati

Uno studio a cura dell’ UCL- Insitute of Child Healt di Londra, condotto tra oltre 700 donne, ha osservato che circa il 7.5% rientrava nei criteri diagnostici di un DCA; circa un quarto ha riferito preoccupazioni riguardanti aumento di peso e forma fisica. Questi dati non possono che sollecitare l’interesse della società scientifica, affinché il tema dei DCA in gravidanza venga affrontato in maniera più puntuale e strutturata.

Un altro studio condotto in Irlanda ha invece dimostrato che la maggioranza delle 57 donne coinvolte, pur avvertendo il peso della pressione sociale, non metteva in atto comportamenti dannosi per dimagrire. In particolare, i dati ottenuti hanno evidenziato come molti giudizi negativi provenissero da altre donne: amiche, colleghe, familiari.

Questi dati sono ancora relativamente esigui ma già evidenziano l’importanza di approfondire il tema.

Pregoressia, conclusioni

Come facilmente intuibile, un disturbo del comportamento alimentare in gravidanza può incidere negativamente sulla salute della madre e del bambino, sia prima che dopo la nascita.
Di pregoressia si parla poco e si fa fatica a distinguerla dal capriccio della donna incinta che si vede grassa. Alcune pazienti degli studi sopra citati riferivano persino di ricevere complimenti per la loro forma fisica, anche da personale ospedaliero, nonostante l’evidente stato di malnutrizione.

Dopo il parto le pressioni sociali aumentano: la donna deve sin da subito sentirsi madre e rivestire il suo nuovo ruolo in maniera impeccabile, ovviamente in aggiunta con quelli che già riveste. Se ha già avuto altri figli, deve mostrare di saperli gestire, insieme alla casa; deve continuare a essere compagna, figlia, amica, lavoratrice. Soprattutto in quest’ultimo caso, deve tornare a essere competitiva se non vuole perdere le sue mansioni o finire in secondo piano rispetto a donne più in forma di lei.
Quello che non viene quasi mai detto riguardo alle neo-mamme famose da copertina è che possono contare su uno stuolo di professionisti al loro servizio (parrucchieri, truccatori, trainer, governanti) e che si tratta di eccezioni alla regola.

Un disturbo alimentare in gravidanza, come la pregoressia può aumentare il rischio di una depressione post-partum, innescando un circolo vizioso per cui meno la donna sente di essere madre, più si sente colpevolizzata e meno si sente capace.

Chiedere aiuto, come per la tocofobia, è difficile a causa dello stigma per cui una donna incinta non può stare male, o meglio, ha il diritto di stare male solo in funzione del bambino. Anche in questo caso è importante approfondire i numeri di questo fenomeno e mettere in atto una serie di strategie preventive e di cura.

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