La posizione podalica del feto è un’eventualità rara, ma non così remota: capita a poco meno del 4% circa delle mamme di ritrovarsi con il bambino pronto a venire al mondo “nel verso sbagliato”.
In questi casi, a spuntare per prima non è la testa, ma le gambe o il bacino, cosa che rende il parto vaginale molto complesso e che può portare a ricorrere a un cesareo.
Esistono però tecniche e manovre che possono “incoraggiare” il piccolo a tornare in posizione encefalica, quella più comune.
Ma se queste non hanno successo il parto andrà fatto nel modo più sicuro possibile per scongiurare danni anche gravi alla madre e, soprattutto, al piccolo.
Quando si vede la posizione podalica
Generalmente, dopo la trentesima settimana, viene praticata un’ecografia che rileva, oltre alle generali condizioni di salute del bambino, l’eventualità di una posizione podalica.
Se questa viene rilevata, sarà consigliato un monitoraggio settimanale (tramite palpazione o ulteriore esame ecografico se necessari).
In genere, tra le settimane ventotto e le trentadue esiste ancora la possibilità che il piccolo cambi ancora posizione spontaneamente, mentre oltre la trentaduesima settimana l’eventualità di un cambio non indotto si fa remota.
Tante possibili cause, nessuna certezza
Le cause della posizione podalica non sono ancora state definite con assoluta certezza, ma diversi sono i fattori concomitanti segnalati.
In particolare, questa eventualità è stata rilevata con più frequenza in presenza di polidramnios (eccesso di liquido nel sacco amniotico) e problemi placentari (difetti di aderenza della placenta, oppure anomalie di inserzione). Influirebbero anche anomalie strutturali del cranio del bambino, così come un bacino troppo stretto nella madre, ma anche eccessivo aumento di peso, anomalie uterine congenite, cordone ombelicale troppo corto o tumori nell’area pelvica.
Nei parti prematuri è meno grave
Può anche accadere, in caso di parti pretermine, che il piccolo sia podalico perché non ha ancora avuto il tempo di girarsi: questa posizione è infatti abbastanza frequente in caso di nascite premature e comporta meno rischi, tant’è che è più raro anche il ricorso al cesareo. Questo, ovviamente, perché le più piccole dimensioni del nascituro rendono molto più gestibile e meno pericoloso il suo passaggio “non ortodosso”.
I rischi di un parto vaginale con posizione podalica
Anche se un feto posizionato con i piedi o le natiche in posizione prominente non corre necessariamente dei rischi, è vero che la posizione podalica può comportare complicazioni, di cui alcune molto serie.
Per esempio, se il bambino inizia la discesa nel canale del parto dalle estremità inferiori, può accadere che nel momento in cui deve passare la testa la dilatazione non sia ancora sufficiente per permetterlo: in questo caso il bambino correrebbe un grave rischio di asfissia.
Oppure può verificarsi un prolasso del cordone ombelicale, di cui una parte viene espulsa assieme al bacino o agli arti inferiori del neonato, con compressione del canale del parto e, di nuovo, rischio di perdita di ossigeno.
Una manovra preziosa ma delicata
Per indurre un cambio di posizione nel bambino podalico ancora dentro il ventre materno, si può praticare tra la trentaseiesima e trentasettesima settimana quella che viene chiamata “Versione cefalica dall’esterno” (ECV) o, più comunemente, “Manovra di rivolgimento” .
La manovra consiste in una delicata ma precisa manipolazione esterna sul ventre della mamma, una serie di piccole pressioni di pochi minuti che, dall’esterno, andrebbero a sollecitare la testa del piccolo, cercando di orientarla nella direzione giusta, fino a fargli fare una sorta di mezza capriola.
Va enfatizzato che si tratta di una manovra delicata, che richiede massima attenzione ed una formazione specifica da parte del ginecologo o ostetrico che la esegue, che va fatta in sala operatoria e con il costante monitoraggio ecografico.
Oltre ad essere efficace soltanto in un caso su due circa, infatti, la manovra di rivolgimento può provocare danni al cordone o rottura della placenta, con necessità di un cesareo d’urgenza. Altri possibili rischi della manovra, a carico della madre, sono la rottura dell’utero o la comparsa di emorragia.
In quali casi non è possibile eseguire la manovra
La ECV, o manovra di rivolgimento, non è consentita in tutti i casi di posizione podalica.
Le circostanze e condizioni cliniche in cui non è possibile effettuare una versione cefalica sono infatti numerose: anomalie nell’inserzione placentare, oligodramnios (liquido amniotico ridotto, che quindi, nonostante la manovra, non permetterebbe comunque il rivolgimento del bambino), gravidanza gemellare con entrambi i bambini podalici (in caso contrario è invece possibile far nascere prima il gemello encefalico e poi ruotare il secondo), sanguinamento vaginale, pregresso parto cesareo, presenza di fibromi.
Tecniche naturali e alternative
Sempre e rigorosamente con la consulenza e sotto controllo del medico, è possibile cercare di indurre dolcemente il bambino podalico a ruotare nella giusta posizione prima di o in alternativa alla manovra.
Personale esperto può suggerire alcune tecniche posturali, ovvero l’adozione per qualche minuto di specifiche posizioni (che, supine o prone, tendono a posizionare addome e bacino della madre al di sopra della testa, ma che non è il caso di improvvisare senza la dettagliata spiegazione di uno specialista in materia), talvolta compiendo piccole oscillazioni, eventualmente anche in acqua.
Altre volte è suggerito un beve percorso di agopuntura o di moxibustione, o moxa, sempre rigorosamente con il consenso del medico.